Un trapianto di feci… sogno bizzarro o realtà?
Questa pratica medica, ad oggi ancora poco conosciuta in Italia, sta ottenendo sorprendenti risultati nella lotta contro le infezioni da Clostridium difficile. Inoltre i ricercatori sono al lavoro per valutarne l’impiego anche in altre patologie correlate con una situazione di importante disbiosi intestinale nel paziente.
Scopriamo insieme cos’è il trapianto di microbiota fecale ( FMT, Fecal microbiota transplantation), la sua storia e i suoi utilizzi.
Definizione e storia
Con “Trapianto di microbiota fecale” si intende la somministrazione di una comunità microbica proveniente dalle feci di un donatore sano nel tratto gastrointestinale di un paziente. Le feci trapiantate vengono prima manipolate tramite opportuni protocolli di laboratorio, cercando però di preservare la complessità della comunità microbica presente nel campione. Dal punto di vista clinico, questa pratica mira a ripristinare la normale funzionalità del microbiota intestinale dei pazienti. In molti paesi, la FMT è considerata come un vero e proprio trapianto di organo, dal momento che il microbiota viene considerato come un “organo nascosto” in grado di influenzare numerose funzionalità del corpo umano.
Le prime evidenze di trapianto di feci risalgono al IV d.C. in Cina, dove un medico noto con il nome di Ge Hong prescrisse una “zuppa a base di feci” per la cura di una patologia intestinale. Testimonianze di una pratica simile giungono anche dall’Africa, dove i Beduini consumavano feci di cammello per combattere i sintomi della dissenteria. L’efficacia della pratica venne confermata anche dai soldati tedeschi stanziati in quel continente nella seconda guerra mondiale.
L’utilizzo della FMT nella medicina moderna risale al 1958, curando con successo una colite pseudomembranosa probabilmente causata da Clostridium difficile.
La scelta del donatore
La scelta del donatore di feci è senza dubbio un passaggio critico e di fondamentale importanza, dal momento che non si può escludere del tutto il rischio di trasferire, insieme al microbiota, anche patogeni sconosciuti.
Analogamente a quanto succede per la donazione del sangue e di altri tessuti, persone affette da malattie come HIV, epatite, malattie croniche come diabete, sindrome metabolica o con una storia di malattie infiammatore intestinali sono escluse dalla lista dei donatori. Anche l’assunzione di determinati farmaci, l’uso di alcol e droghe, comportamenti sessuali a rischio, frequenti viaggi all’estero determinano l’impossibilità di donare. Una volta valutata l’idoneità del donatore, in laboratorio si testa la presenza di patogeni nel campione ottenuto prima di procedere al trapianto.
La somministrazione
Le feci, una volta raccolte vengono diluite secondo protocolli di laboratorio stabiliti. I metodi di somministrazione sono molteplici, dalle compresse, all’utilizzo di un sondino naso-gastrico, al trapianto di feci tramite colonscopia. Quest’ultima pratica permette di depositare il materiale fecale direttamente nel colon del paziente, ovvero la parte dell’intestino più densamente popolata da batteri intestinali, evitando il passaggio tramite la prima parte del tratto gastrointestinale.
L’utilizzo della FMT nelle infezioni da Clostridium difficile
Clostriudium difficile è un patogeno molto diffuso tra anziani che trascorrono lunghi periodi di degenza nosocomiale e sottoposti ad importanti cicli di antibiotici che riducono drasticamente la biodiversità del microbiota intestinale. C. difficile è molto spesso responsabile di patologie quali la colite pseudomembranosa. Le infezioni causate da questo patogeno sono combattute tramite l’utilizzo di trattamenti antibiotici massivi, che però debilitano ulteriormente il paziente. Inoltre, negli ultimi vent’anni, C. difficile è riuscito a sviluppare resistenze verso gli antibiotici utilizzati. Ad oggi questo tipo di patologie hanno un alto tasso di mortalità e diffusione all’interno degli ospedali.
In condizioni di salute, il buon funzionamento della barriera intestinale e l’eubiosi del microbiota residente, prevengono la crescita di C. difficile e la germinazione delle sue spore. In seguito all’utilizzo di molti antibiotici, la flora intestinale risulta ridotta e l’ambiente diventa favorevole alla germinazione di spore di C. difficile. La produzione di enterotossine da parte del patogeno provoca la distruzione della barriera intestinale e conduce ad uno stato infiammatorio tipico della colite pseudomembranosa.
L’utilizzo della FMT risulta vincente in questo tipo di infezioni, soprattutto nei casi in cui si sviluppano resistenze agli antibiotici. Importanti miglioramenti vengono riscontrati anche dopo pochi giorni dal trapianto.
I pazienti inoltre presentano raramente delle ricadute, cosa assai probabile con il solo trattamento antibiotico.
Applicazioni future
Il trapianto di microbiota tramite materiale fecale sembra una strategia promettente anche nella cura di altre patologie, come le IBD (Inflammatory Bowel Disease), che comprendono il Morbo di Crohn e la colite ulcerosa. La comunità scientifica sta valutando l’applicabilità della FMT anche in altri ambiti, come nel caso di malattie metaboliche, autoimmuni e addirittura neurologiche. In tutte queste casistiche infatti, si riscontra una pesante disbiosi a carico del microbiota intestinale.
Bibliografia
- Khoruts, Alexander, and Michael J Sadowsky. “Understanding the mechanisms of faecal microbiota transplantation.” Nature reviews. Gastroenterology & hepatology vol. 13,9 (2016): 508-16. doi:10.1038/nrgastro.2016.98
- Smits, Loek P et al. “Therapeutic potential of fecal microbiota transplantation.” Gastroenterology vol. 145,5 (2013): 946-53. doi:10.1053/j.gastro.2013.08.058
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